Infans e adulescens a Roma: identità negate, identità temute di Nicola Criniti
Infans e adulescens a Roma:
identità negate, identità temute
Nicola Criniti
"Ager Veleias", 11.03 (2016) [www.veleia.it]
I nostri avi, duemila anni fa, avevano idee ben chiare, anche se sommarie, sul principio di identità: il mondo romano, non solo quello dominante / emergente, era esclusivamente maschio, e apparteneva senz'ombra di dubbio ai cives, ai cittadini adulti nati liberi, non ai liberti, dichiarati liberi dopo essere stati "manomessi" dalla schiavitù.
L'identità del civis è presupposta fin dal suo concepimento e si costruiva – almeno, sul piano socio-istituzionale – decisamente già prima e durante la pubertà. Sempre, naturalmente, che il bambino sopravvivesse all'incognita della nascita / 'esposizione' / eliminazione cruenta (che dipendevano, anzitutto, dall'onnipotente ius paterno di vita e di morte – la famiglia è «l'insieme delle persone sottoposte, per nascita o per diritto, alla potestà di uno solo» –, oltre che dalle diffuse pratiche abortive), alle malattie gastrointestinali e respiratorie dei primi anni, alla scarsa alimentazione: e pure alla selezione per anomalie o malformazioni che ne avrebbero minato lo sviluppo futuro, impedendogli di rispondere ai canoni della robustezza e della forza, indispensabili per difendere lo stato in pace e in guerra, o perché era femmina, visto che sarebbe andata a ricoprire un ruolo ritenuto improduttivo per ogni ceto sociale (senza contare la dote!) ...
Si dovette attendere l'imperatore Costantino I per avere ? ai primi del IV secolo ? un intervento deciso a favore degli infantes, con la condanna dell'esposizione dei neonati e della loro soppressione, equiparata al parricidium, e, nel contempo, con la ratifica del riconoscimento degli illegittimi.
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