AGER VELEIAS
Rassegna di storia, civiltà e tradizioni classiche
Veleia

ITALIA - mercoledì 7 luglio 2010

Nascita e morte del bambino a Roma
Nascita e morte del bambino a Roma

Nascita e morte del bambino a Roma

Laura Montanini


["Ager Veleias", 5.11 (2010)]



Il poeta greco Pindaro aveva scritto tra i suoi versi che l'uomo è il sogno di un'ombra: e se l’ombra, di per sé, è incorporea ed evanescente, il sogno può essere intenso, ma risulta pur sempre effimero e legato allo spazio di pochi secondi. Quali parole più appropriate di queste per introdurre la narrazione della fugace esistenza dei bambini romani morti prematuramente? La vita di un uomo ci sembra già così breve, specie se la paragoniamo all'eternità e all'infinità del mondo che ci circonda: ma se pensiamo ai fanciulli scomparsi precocemente, non riusciamo nemmeno a definire i limiti della loro permanenza e il loro soggiorno sulla terra appare davvero come un sogno, un attimo fuggente.
Anche le iscrizioni per i bambini fanno per lo più risaltare il dolore provato dai genitori (specie, è bene dirlo, della parte femminile dei ceti inferiori o schiavili) o da chi comunque abbia fatto incidere l'epigrafe di fronte alla 'morte rapitrice', ma poco o nulla ci dicono dei 'protagonisti': quelle dei fanciulli ricordano con una particolare e minuziosa attenzione non solo i pochi anni trascorsi sulla terra, ma anche i mesi, i giorni e fors'anche i minuti.
E questa è una naturale conseguenza della brevità della vita trascorsa sulla terra dai morti immaturi, che non ha permesso loro di rendere diversamente rilevanti o interessanti, all'attenzione dei posteri, le parole che riassumono in pochi tratti la loro esistenza: l'epigrafe, qualunque essa sia, è nel mondo romano pubblica (spesso lungo le viae d'accesso alle città), e tendenzialmente trasmette il messaggio – dei morti e dei vivi – al passante.


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